lunedì 21 febbraio 2011

PsicoRecensione di "Il cigno nero"

Finalmente qualcosa di cui parlare, che non abbia a che fare con alcuno che si chiami Sivio, o Niki, o Ruby, o Sergio, o altro così.
Parliamo di cinema, che è meglio, che fa sempre bene! Glisso sul fenomeno Zalone, così come su “La Qualunque” che in modo più o meno naif trattano di questa ormai vituperanda società e mi fiondo sul film che ho visto ieri sera e mi è abbondantemente piaciuto. Diciamo che per un paio d’ore mi sono dimenticato dell’esistenza di Gheddafi, del Bunga bunga, della (non)ripresa economica e già questo fa tanto, già questo è un buon motivo per tirare fuori 7 euro e 50 di lacrime e sangue. E da luglio saranno 8,50, a quanto pare. (assurdo.. basta che per un paio di mesi la gente vada al cinema un po’ di più e subito alzano il prezzo.. sciacalli..) .
Ho visto “Il cigno nero”, di un regista sempre più bravo, benché dal nome quasi impronunciabile, Darren Aronofsky , con una Natalie Portman che verosimilmente svolazza senza ostacoli verso il primo premio Oscar della sua carriera. Carriera iniziata nel ’94, ancora ragazzinetta, al fianco di Jean Reno nel meraviglioso “Leon”, di Bessòn . Quanto era meravigliosa in quel film. Ma anche in questo non scherza mica. I suoi occhi, la sua mimica, i suoi piedi e le sue mani tengono lo spettatore inchiodato per 2 ore senza che lui si accorga del tempo che passa. Tra le sue dita e i suoi occhi scorrono tutte le emozioni possibili, dalla malinconia, alla gioia, alla sensualità, alla paura, alla rabbia, al dolore, all’orgasmo, allo stato di trance da droghe, alla follia. Tutto.
In sintesi, ma proprio in sintesi, la storia di una ballerina di un corpo di danza di New York, che diventa prima ballerina del gruppo e viene incaricata di interpretare la protagonista del “Lago dei cigni”, in una nuova versione, in cui dovrà non solo interpretare la limpida perfezione del cigno bianco, ma anche la sensuale malvagità del cigno nero.
Il tema del doppio, quindi.
Non è certo la prima volta che un tema del genere viene trattato. Il tappeto su cui tutto ciò si dipana è la solita competizione tra danzatrici alla ricerca della perfezione assoluta, naturalmente magre e perennemente a dieta, così come naturalmente figlie di genitori che in loro sperano per cambiare la loro esistenza, dimenticando i loro singoli fallimenti. Ballerine che chiaramente sono in perenne competizione tra loro, senza esclusione di colpi.
Già visto.
E più che si avvicina al trionfo personale, più che la protagonista perde la brocca. Per dirla facile. Non è nemmeno strano che ciò accada se si contempla il fatto che la madre è l’apoteosi del genitore intrusivo e soffocante, il coreografo con la scusa di fare emergere in lei la passionalità utile al personaggio ci prova in tutti i modi possibili e la ballerina rivale si diletta in saffiche effusioni con contorno di pasticche d’acido. Nel ruolo del coreografo, Vincent Cassell, nel ruolo della sua vita, cioè il gran bastardo. Una vita che fa sta parte. Per me basta il suo personaggio in “L’Odio”. Bastava quello. Mila Kounis nel ruolo della rivale. Winona Ryder in una particina da ballerina messa da parte e abbandonata da tutti, quando il suo tempo è ormai finito e sia il coreografo, sia la società, vogliono carne fresca. Tremendamente vicino alla vita di questa attrice. Peccato, era brava, a me è sempre piaciuta.
E anche qui siamo più o meno dalle parti del già veduto.

E allora perché vedere cose in qualche modo già viste?
Si potrebbe dire che cose già viste ma girate bene hanno un loro valore, ma sarebbe ingiusto. Il film non è soltanto ben girato, è meravigliosamente girato. Con dolcezza e crudeltà. Con una mano una carezza di poesia e lirismo, con un’altra una serie di pugnalate, di tagli, di ferite. Il corpo della protagonista ne è il simbolo: tenue, leggero, flessibile, ma anche piagato oggetto della sua stessa ferocia, delle mutilazioni che si (in)consapevolmente (?) si auto infligge. Se si guarda alla carriera di Aronofsky è facile fare 2+2 e dire che è appassionato delle potenzialità del corpo umano. Questo lo avvicina a Cronenberg, che però preferiva usare un registro più visionario per rappresentare il mondo interno ed esterno dei suoi personaggi, mentre Aronofsky da questo punto di vista è un deciso naturalista. Uno spietato naturalista. Prendi un personaggio, ponilo davanti ad un obiettivo che vorrà raggiungere costi quel che costi. Di mezzo ci sta il limitare tra perfezione e perfezionismo e la scelta individuale di pagare il prezzo più alto possibile pur di giungere alla perfezione, non comprendendo che si è dentro un vortice di perfezionismo autodistruttivo. Il perfezionismo può essere oltremodo distruttivo e il corpo è il primo a farne le spese. Dopo il Mickey Rourke di “The Wrestler”, la danzatrice Portman ne è il proseguire logico. Del resto, per molti anche il wrestling è una danza, o quantomeno una barocca, talvolta struggente, finzione. Un lago dei cigni muscolare.
Passione come pathos, come vero patire, che qui diventa follia.
Altro motivo per vedere questo film. Non svelo nulla se dico che la protagonista percorre una strada che la porta alla distruzione, innanzitutto psicologica. E il modo in cui tutto ciò viene descritto è molto interessante. Anche intrigante. Per chi vuole descrivere il disagio mentale grave, a livello psichiatrico, le scelte sono sempre due. Descrivere oggettivamente un personaggio che appare sempre più folle, incomprensibile, strampalato, e però in qualche modo per noi anche implicitamente rassicurante, proprio perché incomprensibile. Oppure, seconda scelta, tentare di riprendere lo sguardo soggettivo del protagonista su se stesso e sul mondo, tra delirio e realtà. E’ più complicato, più complesso, estremamente più rischioso, nella misura in cui lo spettatore può giungere a dei momenti in cui per davvero non si capisce più nulla. Ne “Il cigno nero”, succede almeno in un paio di occasioni. Le scene scorrono, la trama finisce e uno poi si chiede “ma quella cosa l’ha fatta per davvero oppure era un’allucinazione” ? Se oltre a tutto ciò si avverte anche un senso di disagio, di vago disturbo, se in qualche modo ci si percepisce perturbati, allora il film ha raggiunto lo scopo che voleva, cioè creare non solo confusione, ma anche disagio, lasciando lo spettatore nello stato di intima incertezza che aveva vissuto il protagonista della pellicola.
E così accade in questo film. La distruzione psicotica della protagonista viene vissuta dallo spettatore, che alla fine non si sente solo confuso, ma anche e soprattutto perturbato.
E questo mi fa un attimo riflettere. Allo spettatore di oggi non piace essere perturbato. Bhè forse non è piaciuto mai, in verità, però prima tutto ciò era vinto dalla curiosità. Ora no, si va al cinema per ridere, per sorridere, per riflettere, per piangere, per terrorizzarsi magari, per disgustarsi anche (vedi gli horror macelleria). Ma l’ipotesi di restare disorientati, intimamente sorpresi da una sensazione di disagio, ecco quello non lo si vuole proprio accettare. In molti si tappano gli occhi quando la protagonista, in modo allucinatorio (ma rappresentato con immagini assolutamente realistiche) si strappa pezzi di pelle. Vabbè ci può stare. Probabilmente se le tagliassero la testa la gente direbbe “bleah” ma non si coprirebbe gli occhi. Vedere dei piedi tumefatti dallo sforzo o la pelle strappata dalle dita fa più effetto. Ma c’è di più. In due occasioni la protagonista prova a masturbarsi per cercare di superare la sua ossessività e tornare a sentire in sé la passione, la vitalità, che le servirebbero per comprendere come fare al meglio il maligno cigno nero. E’ un modo di entrare in contatto con la propria corporeità, che ha insieme del dolce, del perverso, del doloroso. Di certo non sono scene goliardiche, né tantomeno gioconde. Bhè in entrambe le occasioni ho sentito la gente chiacchierare e ridacchiare. Non era mica Ben Stiller che si fa una pippa in “Tutti pazzi per Mary”, non c’era mica cameron Diaz che si metteva il famoso (non)gel per capelli. A modo loro erano anzi due sequenze disturbanti. Ma la gente non ha piacere ad essere disturbata; non ha nemmeno la curiosità di essere disturbata. E quindi si reagisce a tutto ciò ridacchiando. Si ridacchia perché sembra che rispetto alla masturbazione si può solo ridacchiare. O forse, che è peggio, perché dinnanzi a qualcosa che ci potrebbe disturbare è meglio se ridacchiamo e facciamo finta di niente.
“Il cigno nero” perturba senza schifare, disturba senza creare ribrezzo. E’ un thriller, per necessità di cose, ma non è un horror. Quantomeno non è l’Enigmista 10.
Il poster americano credo sia molto meglio di quello italiano. Rende molto meglio il discorso di fondo, in modo appunto molto più ambiguo e disturbante. La purezza del pallore del cigno bianco e gli occhi del cigno nero. Molto meglio del tipico viso in frantumi del poster italiano.  

Non a caso, un altro gran disturbatore, Jim Carrey, non si è fatto pregare e ha subito fatto una parodia del film, al Saturday Night Live, la si trova su youtube. Ma Carrey è un grande, sa bene quel che fa.
Poi si può dire che vuole parlare di tante cose, con tanti registri, inserendo tutti i possibili sintomi presenti in una manuale diagnostico di psichiatria. Su questo magari esagera. Però il percorso psichico che lega il comandamento della madre, alla disistima della figlia, al suo perfezionismo, al modo in cui agisce con e sul suo corpo e la rottura psicotica finale, è descritto benissimo e lucidamente. Il filo è descritto benissimo e rappresenta ottimamente una cosa che talvolta sfugge a molti psichiatri e psicologi: una struttura mentale ossessiva, per quanto deleteria sia, può anche essere una corazza protettiva che, se crolla, lascia il posto alla psicosi più infame. E prima di destrutturare l’ossessività di una paziente dovremmo stare ben attenti a capire cosa ci sta sotto e rinforzare ciò che togliamo con elementi positivi. Il fatto che visioni allucinatorie e reali diventino sul finire quasi del tutto indistinguibili, può anche essere eccessivo, ma è ciò che succede quando si disgrega un’unità psichica, quindi ci sta. Aronofsky lo fa dignitosamente, senza mai eccedere in effetti speciali. L’unica concessione effettosa che si fa è quando la ballerina danza la parte del cigno nero, con le piume del cigno che escono dalla pelle mentre danza, ed è poesia pura. Per il resto il regista ha uno sguardo da puro umile osservatore. Da naturalista. E infatti si parla di cigni. Bianchi e neri.
Dentro un corpo solo.  

7 commenti:

  1. sono senza parole...hai scritto un post bellissimo...:-)
    ma fai anche il critico cinematografico???...:-)
    spero di avere il tempo di andare a vedere questo film...ero già convinta...ma ora lo sono ancora di più...:-)

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  2. Non ho visto questo film e probabilmente non lo vedrò. E' da molto tempo ormai che non vado più al cinema. Indubbiamente, da come accuratamente e intelligentemente lo critichi, dev'essere un gran film. Ma non mi attira. Sembra, e probabilmente è, lo specchio di una società profondamente malata; come del resto è, nella realtà vera.
    La cosa che più mi ha colpito è la gente che chiacchiera e ridacchia di fronte a certe scene.
    Ma dove stiamo andando? come ci siamo ridotti? Ieri, guardando Ballarò, sono inorridito. C'erano delle interviste fatte per la via, tra la gente comune, si chiedeva se si fosse disponibili a partecipare ai "festini" (veri o presunti)del "nostro". Beh, non mi ha sorpreso che varie ragazzotte sghignazzassero: "Eh, magari...". Quello che mi ha sconvolto è stato vedere dei padri, ripeto, dei "padri" affermare di essere disponibilissimi ad inviare le figlie alle serate di BungaBunga perchè " Eh! settemila euro per una serata!".
    Un tempo un padre, o un fratello, avrebbero messo mano al coltello se qualcuno avesse osato mettere le mani addosso ad una figlia o a una sorella. Ateggiamento indubbiamente deprecabile e da condannare, ma oggi... ?

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  3. mmmh da brivido..
    bella recensione a76 :-)
    ciaomiao
    v

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  4. EH NOOOOO ! Non ci sto! Al lettore non piace sentirsi un emerito cretino! E tu in questo riesci benissimo!:-D Cavolo che recensione! Paola forse non ha letto tutte quelle che facevi nell'altro blog! Sei un ottimo critico Ho visto il film domenica e mi riconosco nelle sensazioni che hai descritto. Io, invece che perturbata ho detto di essere uscita dalla sala angosciata...confusa e disorientata. La protagonista splendida davvero! Ma che dico? hai detto tutto tu, talmente bene da farmi desistere dal commentare oltre! Certo è, che non è un film che lascia indifferenti. Attraversi vari stadi di conflitto ed emozione nel vederlo: che rabbia la mamma onnipresente e così ossessiva e maniacale! Nella sala dove son stata io non ho sentito risatine mentre si masturbava...sarà perchè il pubblico era per la maggioranza femminile? Sbaglierò, ma ho idea che ridacchino più i maschi nel vedere certe scene!Comunque è davvero un film inquietante!Quando è finito ho provato sollievo!
    Riguardo al commento del caro sergio concordo TOTALMENTE. Avrei preso quel padre (?)e quella madre(?)e li avrei interdetti! Ma si può?Mhiii come sarei orgogliosa di una figlia che mi porta a casa 7000 euro perchè ha fatto una fellatio o il bunga bunga ad un uomo che potrebbe essere suo nonno!VERGOGNA! E non do la colpa al premier ( che notoriamente non stimo), la do a loro genitori che hanno allevato una figlia senza valori...non avendone neanche loro!

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  5. Giovanna sono piegata in due dalle risate!
    Bellissimo commento! :-)
    Beh...però forse non c'è tanto da ridere... pensandoci bene...in effetti...emh scusa-te!
    Giò al prossimo commento, se hai tempo ti aspetto da me.:-)
    Buona notte!
    Ciao Antonio76 davvero bel post: scritto e descritto benissimo (il film) complimenti!
    Buona notte anche a te!

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  6. Il cinema è una rappresentazione della realtà.
    A seconda del grado di sensibilità e di apertura mentale intelletuale ed emotiva riesce a farci "provare" le stesse sensazioni e emozioni che proviamo nella realtà,
    se riusciamo a decodificarle e a capire qualcosa di noi e della realtà ci fanno anche crescere, maturare.
    Si può essere spettatori passivi o attivi a seconda del livello di "elevazione spirituale" di ciascuno di noi.
    Mi ha fatto sorridere come hai iniziato il post:
    finalmente qualcosa di cui parlare che non riguardi..... : l'amara realtà in cui viviamo.
    Non faccio nomi e cognomi, perchè siamo tutti responsabili,
    ma hai pensato che il dramma del film e lo stesso dramma reale che stiamo vivendo?
    perchè riesci ad andare così a fondo nella rappresentazione del film, e non riesci a vedere lo stesso dramma nella vita e negli occhi degli "attori" della realtà attuale.....
    perchè hai bisogno del film, per vedere le stesse cose ....
    No, non credo che andrò a vederlo, mi ucciderebbe sai?
    Un saluto, sono contenta che sei tornato :-)
    ti ringrazio anche della recensione, che non ho letto come qualcosa attinente solo al film, ma come una una più generale lettura del nostro tempo, di ciascuno di noi.
    bacio

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  7. ;) appena lo vedo ti dico...
    ad ogni modo l'unica nota stonata è il paragone col film the westrler che partiva bene ma si sviluppava in maniera del tutto inconcludente...
    le premesse non rendevano giustizia al resto del film...
    Mentre da come descrivi questo deduco che siamo su un'altro livello... deduco che siamo ai livelli di Jim Carrey, che giustamente sentitosi minacciato dalla bravura di una tale interpretazione ha pensato bene di scimmiottarla per sminuirle il valore... ma nota come la scimmiotta... usa i modi sguaiati del suo miglior personaggio del suo "The man on the moon"... come a voler dire, anch'io sono stato molto bravo a rappresentare il dramma della psiche umana, solo che non ve ne siete accorti!...

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